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Firenze: scenario, brand e valore aggiunto della Florence Biennale

Una scritta al neon, di colore blu, comparve nel 2010 sulla facciata “corta” degli Uffizi di Firenze. “All art has been contemporary” recitava quella curiosa istallazione di Maurizio Nannucci, che sottolineava anche un’indiscutibile verità: tutta l’arte è stata contemporanea. Ma il valore aggiunto di quell’iniziativa artistica, non era tanto l’istallazione, quanto il contesto, perché posizionare la frase al neon nella periferia degradata di una qualsiasi città d’occidente non avrebbe avuto alcun peso rispetto a quello che, al contrario, ottenne sul lato corto degli Uffizi, su una delle architetture più note e più studiate al mondo, perché rivoluzionarie.

Ed è sempre una questione di contesto, l’aver pensato che una simile provocazione potesse aver luogo a Firenze, la città del Rinascimento per eccellenza, dove genio e mecenatismo hanno sperimentato per almeno un paio di secoli un’irripetibile sublimazione. Come dire: ci vuol coraggio a pensare, progettare, realizzare e mettere in mostra una simile istallazione a Firenze… Agli Uffizi poi…

Ma la storia – quella dell’arte in particolare – ci smentisce. Per esempio Giorgio Vasari nelle Vite ricorda che a metà del XIII secolo “erano venuti di Grecia certi pittori in Fiorenza…Cimabue, cominciato a dar principio a questa arte che gli piaceva, si fuggiva spesso da la scuola e tutto il giorno stava a vedere lavorare que’ maestri … di continuo esercitandosi…passò di gran lunga di disegno e di colorito e’ maestri che gl’insegnavano”.

 

Anche Cimabue, quindi, marinava la scuola per ammirare l’arte dei maestri bizantini che affrescavano la Cappella Gondi di Santa Maria Novella. Ed era arte contemporanea, non antica, né classica.

 

Ecco perché in riva all’Arno è più facile – se non addirittura doveroso – ricordare che tutta l’arte è stata contemporanea, e cioè che Firenze, proprio per l’originale rapporto tra arte e civiltà – lo stesso che ha spinto un Granduca a trasformare un palazzo destinato solo a uffici in un museo affinché le opere d’arte in esso custodite “rimanessero per ornamento dello Stato, per utilità del Pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri” – sono il contesto giusto per una mostra di arte contemporanea.

 

Proprio a questa peculiarità fiorentina – che nel mondo della cultura (dell’arte in particolare) rappresenta ormai un vero e proprio brand – hanno fatto riferimento Pasquale e Piero Celona nel 1997, quando idearono e tennero a battesimo la prima edizione di “Florence Biennale – Mostra internazionale di arte contemporanea”. Una scelta coraggiosa, la loro, sia per il clima culturale di Firenze, sia per determinazione a fare tutto da soli, plasmando la manifestazione edizione dopo edizione secondo le forze profonde dell’arte mondiale e aprendosi sempre più alle esigenze degli artisti che oggi vi partecipano.

Ma perché un artista argentino, cinese, australiano o tedesco dovrebbero mettere in mostra le loro opere proprio a Firenze?

 

Perché a Firenze si percepisce un rapporto con l’arte diverso da ogni altro dove. È una questione di intenti d’eccellenza, di originalità, di spessore culturale che non è mai venuto meno.

In ogni edizione “Florence Biennale” ha proposto un tema specifico, con ospiti illustri e premi alla carriera, con incontri e performances, con dibattiti e rivelazioni, ma sempre con Firenze a far da scenario – e da valore aggiunto – alla manifestazione che quest’anno taglia il traguardo dei vent’anni.

 

Marco Ferri

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