Intervista a Jacopo Celona, Direttore Generale di Florence Biennale - FB

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Intervista a Jacopo Celona, Direttore Generale di Florence Biennale

Jacopo Celona riveste il ruolo di direttore generale di Florence Biennale dal 2012

Entrato inizialmente nell’organizzazione col compito di curarne la comunicazione, in occasione della V edizione della manifestazione assume l’incarico di responsabile delle pubbliche relazioni, occupandosi sempre di più dell’ambito organizzativo, della gestione e della programmazione strategica.

In questa intervista, racconta il suo punto di vista sulla biennale d’arte contemporanea di Firenze.

Come nasce l’idea della Biennale?

 

Nel 1997 a Firenze si sentiva la necessità di uscire dal torpore culturale che aveva animato gli ultimi 10 anni. Fu una intuizione significativa di Piero e Pasquale Celona, pensare che Firenze potesse essere nuovamente luogo di accoglienza per artisti e che questi aprissero idealmente le porte dei loro studi esponendo centinaia di opere. Si diede vita così a una prima edizione dove molteplici culture si incontravano nella città che aveva fatto rinascere lo spirito dell’uomo e che aveva guardato con occhi contemporanei alle opere di Leonardo, Michelangelo, Botticelli e degli altri grandi maestri dell’arte italiana. Passato e presente trovarono terreno comune e attraverso l’incontro tra artista e pubblico rinsaldò quel legame tuttora presente.

Quali sono stati i principali traguardi raggiunti in 20 anni di mostra?

 

Una manifestazione che si snoda e che vive per tutti questi anni ha già raggiunto un traguardo, specialmente in un settore difficoltoso come quello della cultura. Tra gli obiettivi che ci eravamo posti c’era quello di poter rappresentare a 360° l’arte mondiale, quella viva che pulsa tra le mani degli artisti e che si sprigiona dando vita a opere d’arte intrise delle più diverse culture. Siamo riusciti in questo intento esponendo a Firenze in venti anni gli artisti provenienti da tutti i continenti, con più di 100 nazioni rappresentate. Questo ci ha permesso anche di poter essere insigniti di alcune onorificenze, come il premio Artist For Human Rights dell’American Artist Association, o di essere inseriti nel programma delle Nazioni Unite “Dialogue Among Civilization” alla luce dell’edizione 2001 che si svolse dopo i tragici eventi dell’11 settembre. Soprattutto in quell’occasione percepimmo l’afflato che l’arte riesce a trasmettere contribuendo a eliminare quelle barriere “artificiali” che l’uomo tende a mettere tra se e “l’altro”.

E quali le difficoltà maggiori?

 

Ovviamente un evento di questa portata ha la necessità di essere elaborato, metabolizzato e messo in atto in maniera organizzata e metodica, ma sempre con un briciolo di follia e creatività che ci spingeva ad ipotizzare l’impensabile. Sono state molte le difficoltà incontrate lungo il percorso, non ultima il rapporto con la città che in una prima fase non era abituata a confrontarsi con l’arte contemporanea in maniera così diretta. Queste difficoltà però ci hanno stimolato ad andare oltre e a pensare in prospettiva consentendoci di arrivare fino all’XI edizione. Per questo devo ringraziare Piero e Pasquale che non hanno mai mollato il passo e hanno sempre creduto nella strada intrapresa, ai molti amici che tuttora ci accompagnano credendo nei nostri obiettivi e anche a coloro che hanno fatto un pezzo di strada con noi e che adesso hanno trovato il loro cammino.

Come giudica il rapporto con la città di Firenze?

 

Come detto all’inizio non è stato facile far passare il nostro messaggio. Firenze è una città incredibile, dalle mille risorse e che vive tutto con passione. Ma allo stesso tempo è una città che accetta a fatica i cambiamenti e le novità. Insomma, se si vuol lavorare a Firenze si deve essere umili, avere pazienza e perseveranza. Dopo tanti anni e tante edizioni mi sento di poter dire che adesso abbiamo trovato la nostra “dimensione” e che i rapporti istituzionali e non solo con Firenze sono ottimi. Abbiamo numerose sinergie e collaborazioni con le tante realtà del tessuto cittadino, con il mondo della cultura e delle imprese, con l’intento di essere sempre più connessi con il territorio.

Perché un artista sceglie di mostrare le proprie opere a Florence Biennale?

 

Florence Biennale è un parterre che permette all’artista di esporre la propria arte a livello internazionale e di confrontarsi con i suoi “colleghi” provenienti dai quattro angoli del pianeta. Inoltre, i numerosi addetti del settore come galleristi e collezionisti vengono alla ricerca dei nuovi talenti e di quelli già affermati. Mi è capitato spesso di incontrare artisti che avevano partecipato ad una delle edizioni della Florence Biennale in gallerie di Firenze o italiane e in altri paesi. Questo modello permette all’artista di valorizzare ancora di più il proprio lavoro e consente agli operatori dell’arte di espandere il proprio orizzonte. Questa sinergia, ovviamente, consente una diffusione della cultura a più livelli e permette a tutti di avere una chance.

Qual è il segreto per un’edizione di successo?

 

La visione. Un obbiettivo. Pazienza, costanza e organizzazione. Infine, valorizzare i propri errori. Questo, secondo me, è il mantra delle buone pratiche per un evento di successo, ma soprattutto per garantire che duri nel tempo e possa crescere a ogni edizione.

Il tema dell’XI edizione è creatività e sostenibilità. Perché?

 

In questa XI Florence Biennale abbiamo sentito crescere dentro l’esigenza di dare un tema che fosse attuale, ma con una visione più estesa e comprensiva degli aspetti culturali. Tutti adesso sentiamo parlare di sostenibilità e delle buone pratiche da mettere in atto per preservare il nostro ecosistema. In questa prospettiva, sintetizzata nel tema “eARTh: creatività e sostenibilità” la differenza culturale e la biodiversità non sono intesi quali regni distinti e paralleli, ma sono invece parte di una sorta di processo evolutivo simbiotico da preservare e alimentare. Ad esempio, recentemente UNESCO ha iniziato a considerare un territorio per il suo passato e presente, ma soprattutto per il suo sviluppo sostenibile futuro. Vengono valutati, come sempre, i luoghi monumentali, ma sono sempre più considerate anche la cultura nella sua variegata natura, e cioè le tradizioni, l’arte, l’artigianato, le persone e tutto quello che rende il territorio che ospita quel luogo unico e quindi patrimonio di tutti noi.

Florence Biennale non è solo una mostra, ma anche un’etichetta di iniziative connesse. Ci sono progetti futuri in tal senso?

 

Abbiamo sempre molte idee, alcune di esse sono lasciate nel cassetto a maturare altre vengono realizzate. In questi anni Florence Biennale ha organizzato mostre sia in Italia che all’estero, da Parigi a Pechino, da Vienna ad Assisi, a Matera. Le nostre collaborazioni internazionali ci permettono di poter sviluppare progetti di ampio respiro dove spesso esportiamo un modello organizzativo ed espositivo collaudato e Made in Italy. In questo momento stiamo valutando diverse iniziative per il 2018 in collaborazione con importanti partner nazionali e internazionali rivolte ai più giovani. Per il 2019 abbiamo già iniziato a lavorare alla XII edizione elaborando insieme ad alcuni partner delle idee per dare impulso all’area mediterranea e del sud Italia.

 


Marco Ferri

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